UN GUSTOSISSIMO DOLCE TIPICO NICOSIANO
I bracialetë (in dialetto galloitalico nicosiano)


Ricetta tratta da pag. 440 de:
Vocabolario-Atlante della cultura alimentare 
nella "Sicilia lombarda"
a cura dei professori Salvatore C. Trovato e Alfio Lanaia
collana: Materiali e Ricerche 27
Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani
 Dipartimento di Scienze Filologiche e Linguistiche
 Università di Palermo
Palermo 2011
Atlante Linguistico della Sicilia
diretto da Giovanni Ruffino

I Braccialetti
La cosa: si tratta di una frittella in forma di bracciale che si fa generalmente nel periodo di carnevale (e Natale).
Ingredienti e lavorazione: farina, acqua, strutto e uova. Si porta a bollitura una certa quantità di acqua, ad es. mezzo litro, con un po' di strutto, perché l'impasto venga tenero, un po' di zucchero e della buccia di limone grattugiata. Vi si versa la farina, 400 grammi per mezzo litro di acqua, e si mescola il tutto finché l'impasto non si stacchi dal fondo della pentola. Si lascia quindi raffreddare in un  capace contenitore. Quando è freddo, a uno a uno vi si aggiungono le uova amalgamandole ben bene con l'impasto.
Quando questo è della consistenza dovuta, non troppo molle, per evitare la fritta, né troppo duro, con le mani unte di olio si formano delle listarelle (macarrönëtë) che si chiudono in braccialetti e si mettono a friggere nell'olio bollente. A cottura ultimata si cospargono di zucchero e cannella o anche di miele disciolto e son pronti da mangiare. 
Meglio se caldi.
È la stessa lavorazione delle sfëngë (> VII 13) e, in definitiva, dei bignè: Questi ultimi sono al forno, piuttosto che fritti.
Altre informazioni: è un prodotto di non facile realizzazione. Le uova vanno aggiunte uno alla volta, per evitare che un uovo in più possa compromettere la consistenza dell'impasto e far andare a male il tutto. 
E anche dispendioso. Oggi è possibile acquistare i braccialetti nelle pasticcerie. In passato si facevano solo nelle case in cui si poteva disporre di una certa quantità di uova e, in qualche modo, di molte galline, dal momento che in inverno la produzione delle uova calava notevolmente. Né queste si acquistavano come oggi nei supermercati o nei negozi di generi alimentari.
I Nicosiani vanno assai orgogliosi di questo loro caratteristico prodotto dolciario, che credono unico. I braccialetti nicosiani nella forma non differiscono dalle zeppole napoletane e cagliaritane, ma, rispetto a queste, sono assai più leggeri per le molte uova, e sono prive di lievito.
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dalla premessa del volume  di Salvatore C. Trovato
Professore ordinario di Linguistica generale nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania.

È forse la prima volta che ci si accosta ai dialetti galloitalici della Sicilia sulla base di testi accuratamente raccolti e tematicamente affini. E non tanto per rilevarne le peculiarità fonetiche o di altro tipo, su cui tanto si è scritto e tanto si è discusso al fine di individuarne i luoghi di origine, quanto per studiarne l'articolazione del lessico, in questo caso nel particolare settore della cultura alimentare, con grande attenzione per il dato culturale e nel rapporto costante con l'area siciliana circostante, con la quale i nostri dialetti per secoli hanno interagito e continuano a interagire, e ora anche con l'italiano. Certo, il vecchio problema della individuazione delle origini dei nostri dialetti - monferrini nel senso ampio, o valmaggini -, croce e delizia di chiunque si sia accostato ad essi, non si pone più o non si può più porre alla vecchia maniera.
Oggi, se ancora esiste un problema delle origini, non è quello di individuare le sedi storiche di emigrazione, ma, semmai, quello di conoscere le origini socio-culturali degli immigrati. Perché è chiaro che queste parlate, pur avendo conservato intatti non pochi dei caratteri originali - soprattutto fonetiche - hanno assai probabilmente eliminato i fatti lessicali più marcati, via via che si sono formate le koinè locali siciliano-galloitaliche.
L'indagine del lessico specialistico delle nostre parlate ........

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